Lo scorso 25 novembre sono stati rubati dei preziosi gioielli dal castello di Dresda in Germania.
Una società privata, incaricata di indagare sull’accaduto, ha scoperto che i malviventi starebbero tentando di vendere alcuni dei gioielli rubati sul dark web, chiedendo di essere pagati in criptovalute.
Questo episodio conferma che le criptovalute possono essere utilizzate anche per traffici illegali e riciclaggio di denaro a causa dell’anonimato che ne contraddistingue le transazioni.
La quinta direttiva antiriciclaggio, che dovrebbe essere stata recepita dagli Stati membri entro il 10 gennaio 2020, ha introdotto l’obbligo di adeguata verifica della clientela per i prestatori di servizi di cambio e i prestatori di servizi di portafoglio digitale, ma per stessa ammissione del legislatore questa misura non è sufficiente a contrastare il fenomeno dell’anonimato delle operazioni in valuta virtuale “… poiché gli utenti possono effettuare operazioni anche senza ricorrere a tali prestatori, gran parte dell’ambiente delle valute virtuali rimarrà caratterizzato dall’anonimato…”
Alla luce di tali considerazioni, può la Commissione far sapere se intende, viste le potenziali illegalità dell’utilizzo delle criptovalute, intervenire con nuove norme preventive onde evitare che si possano utilizzare questi strumenti per fini illegali?